Ancora qualche sforzo

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29 Aprile 2019

Dal 22 Febbraio ho iniziato servizio di volontariato in Myanmar, al Centro Thabarwa.

Ho dovuto spendere qualche giorno in Hotel prima di stabilirmi al Centro Thabarwa, per via di una forte otite baro traumatica che mi ha lasciata mezza sorda e dolorante per diversi giorni. L’hotel era un po’ costoso, ma molto vicino al Centro Thabarwa. Così quando ho potuto ho iniziato a prestare servizio solo per qualche ora al giorno, sino a quando mi sono sentita decisamente meglio e quindi mi sono trasferita.
Credo di aver fatto la cosa giusta nell’entrare in questa realtà, piano piano, dolcemente. Un po’ perché le mie condizioni di salute non mi permettevano di fare diversamente, ma anche perché il Centro è una realtà veramente particolare, con aspetti molto contraddittori.
Thabarwa Center è un grande villaggio. Una grande comunità di tradizione buddista, che provvede riparo e cibo, cure e meditazione a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Un villaggio, con capanne, case, negozi, ospedali, l’ostello per i volontari e molto altro. Ma tutte queste strutture ed i servizi associati versano in cattive condizioni.
Da due mesi lavoro e mi dedico sostanzialmente al lavoro che viene chiamato “Patient Care”, cura del paziente e medicazione delle ferite. C’è sempre da fare. Dalla mattina alla sera. E a volte anche alla notte, quando l’unica badante di 30 monaci del terzo piano dell’ospedale ha un attacco di angina pectoris e lei insiste a voler lavare a mano la biancheria perché ha paura di essere licenziata. Che fare … solo metterla a riposo e farlo per lei.

La care taker dei monaci al terzo piano del Rainbow Hospital

*pictures credit to KOMUMU*

Non mi manca mai il sorriso quando entro in “ospedale” (se così vogliamo chiamarlo, perché di fatto non somiglia lontanamente ai nostri ospedali). Sono sempre felice di visitare i pazienti, di vedere i loro miglioramenti, di prendermi cura di loro sino a quando le ferite si rimarginano, sino a quando la loro salute si ristabilisce. Ci vuole anche coraggio per quelle volte in cui invece dobbiamo dire addio al paziente, perché non tutti i pazienti sopravvivono.

 

*pictures credit to KOMUMU*

È un’esperienza difficile da descrivere in poche pagine e poche righe.

Qui il tempo vola, speso nelle mille attività che è possibile svolgere.
E se vieni qui per lavorare, per aiutare davvero, a maggior ragione questo tempo si dissolve, evapora, fra la luce del giorno e la notte.

Sono stanca. Le emozioni sono forti e dormo troppo poco per riuscire ad elaborare tutto quello che accade intorno a me.
Dalle storie dei pazienti alla vita del villaggio. Alla mia relazione con gli altri volontari.
Questa vita di comunità che sembra fluire ma che è frutto di continui aggiustamenti, accostamenti. Di un danzare liquido che muta forma di continuo. Le persone vanno e vengono. La struttura, la base, ammesso che ci sia, evolve, cambia, si sfalda, si riaggiusta, si scomoda, si accomoda.

Oggi sono a riposo per una notte in Hotel. Sono sempre molto positiva ma mi sento molto stanca perché qui le temperature si sono alzate molto ed è difficile dormire di notte in un dormitorio rumoroso e caldo. così oggi mi rigenero, posso finalmente lavorare al computer e domani torno al lavoro.

Ho trascorso a Thabarwa quasi due mesi  e mi preparo a lasciarla.
Come ricorderete nel mio progetto di volontariato a Bhubaneswar, dove ho costruito una sala di lettura e disegno per gli orfani) sono solita lasciare il segno.

Sono sempre molto occupata ed ora più che mai perché in 15/20 giorni lascerò il centro e voglio chiudere alcuni progetti ed impegni che ho preso con alcuni dei pazienti.
Per queste persone, i miei pazienti di Thabarwa, chiedo un ulteriore piccolo sforzo. Una piccola donazione o l’aiuto a condividere il più possibile la mia campagna.

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Sono molto soddisfatta, so che ho dato molto, so che ho fatto del mio meglio e forse anche di più. Non ho rimpianti. Ho compiuto i miei piccoli miracoli, quei piccoli miracoli che i singoli esseri umani possono fare. E so che sono stata di ispirazione per altri e questo per me è importantissimo. Generare motivazione positiva negli altri. Ispirare.

La prossima settimana torna un amico italiano che è un infermiere molto qualificato in Italia. Andremo in città a comprare rifornimenti per l’infermeria e per i pazienti. Io vorrei comprare un grande rotolo di tessuto cotone da tagliare a seconda della necessità, perché qui è difficile reperire lenzuola, e molti pazienti vivono su tessuti molto sporchi e maleodoranti. Avere a disposizione del tessuto sarà certamente una soluzione al loro disagio.
Saranno giorni assolutamente pieni e stancanti ma poi verrà il vuoto. Lo sto aspettando con gioia, e mi sto preparando lentamente all’idea di spostare l’attenzione dagli altri verso di me. Tornare allo stato precedente di sette mesi fa. È  una sensazione molto strana. Da mesi non mi occupo di me stessa. Per mesi ho dato la priorità ad altri. Questa transizione mi fa un po’ paura. Ma ne sono consapevole e farò in modo di ri-focalizzarmi con amore su di me.

Grazie ancora per l’amore che sento che arriva da voi.

E grazie ancora per l’aiuto che vorrete dare

A presto e grazie se vorrete supportarmi

 

Grazie mille per essere con me  ❤
Be K-IND, ci vediamo a Calcutta!

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